Accertamenti invalidi

Accertamenti invalidi dal 2 novembre 2016 – occhio alle scadenze!

Accertamenti invalidi

Invalidità degli atti impositivi per violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale

L’art. 12, comma 7, della legge 212/2000 prevede che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.” Il dettato normativo tende a tutelare il contribuente affinché, nell’ambito del contraddittorio endoprocedimentale, possa presentare memorie difensive, fornire chiarimenti o avanzare osservazioni. Stante l’obbligo di inoltrare l’avviso di accertamento non prima di sessanta giorni dal termine delle operazioni di controllo, i verbali consegnati a partire dal 2 novembre 2016 per contestazioni relative al periodo di imposta 2011 rischiano di determinare accertamenti fiscali privi di validità se non motivati da specifici motivi di urgenza, visto che il 31 dicembre 2016 decade il potere di rettifica per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2012 (periodo di imposta 2011) e per quelle omesse relative al 2010 e che per tutte le attività di controllo è obbligatorio un confronto preventivo pena la nullità dell’atto impositivo.

Attenzione, però, al contenuto degli atti in questione. In argomento si è più volte espressa la Corte di Cassazione e, in particolare, con la sentenza n. 24823/2015, ha sancito l’inesistenza, nel nostro ordinamento nazionale, di un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario, con la conseguenza che le garanzie procedimentali recate dall’art. 12, comma 7 della Legge n. 212/2000 operano esclusivamente con riferimento agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente.

Inoltre, nella citata sentenza, i supremi Giudici affermano che esiste una dicotomia tra il regime obbligatorio del contraddittorio endoprocedimentale previsto per l’accertamento dei tributi “armonizzati” (quali, ad esempio, l’IVA e le imposte doganali) e quello facoltativo stabilito per i tributi “non armonizzati”. Per questi ultimi l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi in cui tale obbligo sia previsto da specifica norma di legge.

Ma anche in tema di accertamenti relativi a tributi armonizzati, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione fiscale determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento solo se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.

Quanto esposto è sintetizzato nel “principio di diritto” enunciato dalla Suprema Corte nelle conclusioni della sentenza 24823/2015: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati” avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

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