Jobs Act: la violenza di genere

La violenza di genere consiste in ogni forma di violenza perpetrata contro le donne (atteggiamenti persecutori, violenza domestica, abusi sessuali, uxoricidio, mutilazioni genitali femminili, femminicidio, etc.) in violazione dei diritti umani. Già nel 1993 la “Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne”, all’art. 1, definiva la violenza contro le donne come: “Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata”.

Oggi le donne vittime di violenza di genere possono chiedere un congedo dal lavoro di tre mesi, con diritto all’intera retribuzione, per partecipare a specifici percorsi di sostegno, oppure la trasformazione in part-time, per un determinato periodo di tempo: è una delle principali novità contenute nel Decreto sui temi di conciliazione lavoro-famiglia approvato dal Consiglio dei Ministri dello scorso 20 febbraio in attuazione del Jobs Act. Si tratta dell’esercizio di una delle deleghe previste dalla Riforma del Lavoro. Vediamo con precisione cosa prevede questo nuovo congedo, regolamentato dall’articolo 23 del decreto.

Donne vittime di violenza di genere

Possono utilizzare questo tipo di congedo le lavoratrici dipendenti e le collaboratrici a progetto del pubblico e del privato. Il congedo è collegato all’inserimento nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere certificati dai servizi sociali del Comune di appartenenza o dai Centri antiviolenza o dalle Case Rifugio di cui all’articolo 5-bis del decreto legge 93/2013.

Congedo

Il congedo dura per l’intero svolgimento del percorso di protezione, fino a un massimo di tre mesi. Durante il periodo in cui la lavoratrice è in congedo percepisce l’intera retribuzione e matura integralmente anzianità, ferie, tredicesima mensilità, Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Il periodo di tre mesi non deve necessariamente essere continuativo: può essere utilizzato su base oraria oppure giornaliera, distribuito nell’arco temporale di tre anni. Se non ci sono regole specifiche previste dalla contrattazione collettiva (cioè dal contratto nazionale di lavoro di riferimento), alla dipendente è sempre consentito di scegliere fra la fruizione su base oraria o quella giornaliera. L’utilizzo a ore è consentito in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.

Domanda di congedo

Il congedo va chiesto dalla lavoratrice al datore di lavoro, salvo casi di oggettiva impossibilità, con un preavviso non inferiore ai sette giorni, indicando inizio e fine del periodo di congedo e producendo idonea certificazione.

Part-time

Un’altra possibilità per la lavoratrice vittima di violenza di genere, è la richiesta di passare dal tempo pieno al part-time. È un diritto istituito dal comma 6 dell’articolo 23. Prevede che la lavoratrice possa chiedere il part-time verticale o orizzontale e che abbia poi diritto a tornare al tempo pieno quando lo richiede. Sono applicabili condizioni eventualmente più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.

Normativa

Il riferimento normativo contro la violenza di genere è il decreto legge 93/2013, nell’ambito del quale (con l’articolo 5) sono fissati i piani d’azione che contengono anche i percorsi di sostegno alle vittime. Il successivo articolo 5-bis regolamenta con precisione l’attività dei centri anti-violenza e delle case-rifugio, a cui è garantito l’anonimato, che operano in modo integrato con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza.

 

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