Mantenimento: il coniuge inadempiente non è punibile se in difficoltà

Mantenimento

L’assegno di mantenimento fa parte degli obblighi di assistenza familiare la cui violazione configura il delitto previsto dall’art. 570 c.p. Tuttavia, se il coniuge onerato dimostra che l’inadempimento è imputabile a difficoltà assoluta derivante da una situazione di persistente, oggettiva, incolpevole indisponibilità di introiti, il giudice di merito dovrà tenerne conto. La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il caso e con la Sentenza n. 50295 del 13/10/2016 ha annullato con rinvio la Sentenza di Appello che condannava il coniuge inadempiente.

Il fatto

A seguito di separzione consensuale, il marito, imprenditore, aveva assunto l’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento a favore dell’altro coniuge e dei figli. L’impegno era stato assolto per i primi anni finché, a seguito del deterioramento della situazione debitoria e della conseguente dichiarazione di fallimento, egli sospendeva l’erogazione dell’assegno di mantenimento. Solo dopo qualche anno, reperita una nuova attività meno remunerativa, riprendeva a corrispondere somme inferiori a quelle concordate. La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia liberatoria del Giudice di primo grado, condannava l’imprenditore per violazione dell’art. 570 c.p. dichiarando la  sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Le argomentazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha censurato il giudizio di appello in primis per aver sostituito la propria valutazione a quanto espresso in primo grado senza alcuna giustificazione supportata da elementi di fatto e/o di diritto specificamente individuati. Inoltre, ha rilevato che il giudice di secondo grado, trascurando la situazione di difficoltà in cui versava il marito, non ha valutato correttamente le sue condizioni personali. Riguardo allo stato di bisogno degli aventi diritto all’assegno di mantenimento, gli Ermellini hanno precisato che esso è presunto con riferimento ai figli minori mentre per l’assegno in favore del coniuge, al fine di pervenire all’accertamento di responsabilità, era necessario dimostrare che il mancato versamento avesse generato lo stato di bisogno della beneficiaria.

La dottrina

Con riferimento all’elemento soggettivo del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la dottrina tradizionale ritiene necessaria la sussistenza del dolo, consistente nella volontà cosciente e libera e nell’intenzione di far mancare i mezzi di sussistenza alla persona bisognosa, escludendosi la punibilità del reato a titolo di dolo eventuale o colpa (MANZINI).

Pertanto, la Suprema Corte, rilevando che il sovvertimento della precedente decisione è carente di elementi specifici sui quali la Corte di Appello avrebbe dovuto confrontarsi, motivando la propria tesi difforme, ha cassato la sentenza di secondo grado con rinvio della sentenza impugnata a nuovo esame in altra sezione della Corte territoriale.

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